Andate più in là...
Siamo soliti dire, scherzando, che i nostri concerti si dividono in tre parti. Un breve intervallo separa il primo
dal secondo tempo, che conclude, così, la parte ufficiale. Poi c'è il rinfresco d'obbligo, e questo è il terzo tempo della serata.
È appunto durante il rinfresco che si comincia o meglio si continua, a cantare. Ma, a questo punto, non si canta più per il pubblico.
Cantiamo per noi. Un canto liberatorio, che inizia in una sala e continua dove capita, in un androne, sotto una volta, in un vicolo o in una piazzetta.
Un canto sottovoce, al quale non partecipa il coro al completo, perché i più frettolosi sono già sulla via del ritorno.
E spesso per noi è il momento più bello.
E' successo anni fà a Varigotti.
Il parroco di allora ci aveva invitato per una serata estiva nell'oratorio parrocchiale e poi ci eravamo trasferiti al Borgo dei Saraceni,
una volta abitato solo dai pescatori ed oggi molto apprezzato dai turisti per la sua intatta bellezza.
Oramai era notte. Si incominciò a cantare, nel silenzio, con quel tanto di voce da sovrastare il rumore del mare che,
peraltro, era calmo e sonnecchiava, dopo essere stato infastidito, di giorno, da una folla chiassosa di bagnanti.
Provando ad intonare vari canti e insistendo solo con quelli più riusciti, si arrivò a una triste canzone di guerra:
"cammina, cammina
la casa è lontana
la morte è vicina..."
è così via, dipanando le note sulle quali viaggiava il ricordo della disfatta degli alpini in Russia:
"lungo le piste sporche, insanguinate
son mille e mille croci degli alpini
cantate piano, non li disturbate
ora dormono il sonno dei bambini..."
Mi sembrò, cantando che qualcuno ci chiamasse. Ci chiamò di nuovo, a voce un po' più alta, sollevando meglio lo sportello della persiana.
Siamo abituati ai rimbrotti notturni. Non sempre sono gradite le nostre esibizioni canore. Qualche perentorio "andate a dormire"
l'abbiamo già riscosso. Ma quella sera non sembrava il tono di un rimprovero. Piuttosto una supplica.
Una voce di donna veniva da una casa vicina per dirci: "Scusate. Andate più in là. Lasciate che dorma la mia vecchia mamma.
Ha perso un figlio in Russia ed il dolore ritorna più vivo a ogni ricordo di quel passato. L'ho tenuta lontana tutto il giorno
dai manifesti che davano notizia del vostro concerto. Non dormirà più se la svegliate. Andate più in là."
Siamo rimasti, in silenzio, sulla piazzetta del Borgo dei Saraceni. Qualcuno ha acceso una sigaretta, nel buio.
Poi ci siamo spostati sugli scogli del molo, con un poco di sabbia nelle scarpe, entrata nel passare sulla spiaggia.
Con i suoi lutti la guerra non è ancora finita e ci aveva raggiunti fin là, in un modo impensato.
Sul molo il mare brontolava, lanciando piccoli spruzzi nell'insinuarsi tra gli scogli.
Avremmo potuto riprendere. Ma il mare aveva già la sua canzone.
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